Abbandonato per anni, l’Ex Deposito delle Locomotive di Sant’Erasmo, si avvia a diventare uno spazio per l’arte, perseguendo la tendenza, diffusa in campo internazionale, di trasformare vecchie strutture industriali abbandonate in contenitori culturali: ciò che accomuna questi ex luoghi della produzione è la grande spazialità che deriva dalla loro vecchia funzione. Questi spazi ritrovati bene si sposano alla mutevolezza delle configurazioni che richiede uno spazio per esposizioni. Il primo obbiettivo per l’allestimento, quindi, era quello di confrontarsi con questo grande spazio, con l’obbiettivo di farlo convivere con le macchine di Leonardo: non doveva scomparire dietro l’allestimento (cosa che avrebbe generato un allestimento per un non-luogo), né doveva schiacciarlo con la sua grandezza: lo spazio non doveva essere diviso, in modo da non perdere l’eccezionalità dell’Ex Deposito di Locomotive.
Il progetto quindi si è mosso non sulla decostruzione dello spazio, ma attraverso la decostruzione dell’esperienza spaziale: sia che si seguano i percorsi, che se si vaghi nello spazio, la percezione classica, che questa grande navata per sua natura induce, è decostruita. Gli elementi non dividono, ma generano prospettive complesse: costringono lo spettatore a percezioni sempre mutevoli, in cui la sovrapposizione dei diversi piani delle macchine crea composizioni complesse e una infinita varietà di visioni. Il progetto di allestimento della mostra “Le Macchine di Leonardo” nasce dal voler attualizzare una ricerca, quella di Leonardo Da Vinci, a tutt’oggi affascinante e complessa. Lo spazio dell’ Ex Deposito delle Locomotive di Sant’Erasmo si popola di tutte le macchine: la visione è quella di un grande laboratorio in cui il paesaggio, generato dalle contemporanee visioni di tutti i modelli, restituisce la grandezza e l’eccezionalità del lavoro di Leonardo Da Vinci.
La mostra può essere visitata secondo i quattro percorsi tematici (meccanica, idraulica, volo e guerra), ma questi stessi percorsi, come lascia trasparire l’analogia con il tracciato metropolitano, generano, allo stesso tempo, una fruizione “fuori rotta”, trasversale: in questo modo la percezione dello spazio è sempre mutevole sia che si segua la rete dei percorsi che, a maggior ragione, se si vaghi spinti semplicemente dal proprio sentire lo spazio.
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